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giovedì 22 marzo 2012

LETTERA A REPUBBLICA

 
 
Caro Direttore,
oggi Piero ottone scrive, a pagina 35, a proposito della
FIOM e di Landini. L'articolo mi suscita qualche problema,
soprattutto nelle sue conclusioni. Dice "A me sembra che
l'impostazione sindacale di Landini, che parte dai principi
(repubblica fondata sul lavoro, diritto di ogni cittadino al
lavoro), piuttosto che dalle leggi naturali (domanda,
offerta, libero scambio) appartenga alla cultura di sinistra
di quegli anni ormai lontani, che sia una scheggia di quel
sindacalismo che prevaleva nell'Italia del dopoguerra,
figlio dell'estremismo di sinistra. Non potrà impedire la
prevalenza, nell'Italia odierna, di un sindacalismo
possibilista, secondo il modello prevalente nel mondo
occidentale. Tuttavia, potrà ritardarla".
Mi chiedo, il sindacalismo possibilista di cui parla Ottone
(quello che in nome della modernità e delle c.d. leggi
naturali accetta molte cose discutibili) su cosa  fonda la
sua esistenza? Sulle leggi naturali? E secoli di storia di
civiltà umana non contano nulla? Le leggi naturali dicono
che il forte prevarica il debole. Dovremmo accettarle e
stop? E a cosa servono i valori e i principi, quindi? E
richiamarsi alla Costituzione della Repubblica Italiana,
vuol dire essere rivoluzionari? Ricordo sommessamente che la
democrazia è un termine citato per la prima volta da
Erodoto, e che nacque, la democrazia ateniese quando
Pisistrato, per la prima volta, impose una tassa sulla
rendite agrarie (vogliamo chiamarla una patrimoniale), in
una società fino ad allora divisa in 4 classi di censo
dove solo le due più alte (quelle con maggiori rendite
agrarie) potevano accedere alla cariche politiche. E usò
quei soldi per dare lavoro a chi non l'aveva (con opera
pubbliche), aprendo la strada al primo esperimento di
democrazia al mondo, poi realizzato da Clistene, con le
tribù, le trittie, i demi e il Consiglio (o Bulè), che
organizzava e regolava i lavori dell'assemblea popolare
(Ecclesia), già esistente, ma fino ad allora ininfluente a
causa dell'oligarchia vigente.
Se Pisistrato e Clistene avessero semplicemente accettato le
leggi naturali, che sarebbe successo? E se dovessimo
rinunciare ai principi e ai valori per rifarci alle leggi
naturali (quelle del libero mercato, poi, che hanno
dimostrato tutta la loro incapacità di creare benessere)?
Che succede, anche Repubblica si allinea alla sinfonia
neoliberista e quindi stiamo dicendo che il mondo non lo si
può cambiare e dobbiammo accettarlo così com'è? E
com'è il mondo, il risultato di un armonico e spontaneo
fluire delle leggi naturali, o il risultato del sangue e del
sudore di chi si è battuto perchè il mondo fosse
migliore, perchè le ingiustizie, i soprusi e le violenze
fossero eliminate?

Caro Direttore, apprezzo Repubblica da anni, e apprezzo che
ospiti opinioni diverse. Ma qui, o decidiamo che i principi
contano, e li difendiamo (e ripeto, la Costituzione, e la
legge 300 non sono roba rivoluzionaria), oppure lasciamo
perdere.

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