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giovedì 8 aprile 2010

Donne CGIL: sì a somministrazione consapevole RU486


Non è più accettabile che un processo di innovazione in campo medico, di avanzamento rispetto alle pratiche abortive sinora praticate nel nostro paese, e che tiene conto della tutela della salute, sia utilizzato per produrre attacchi ideologici al diritto all’autodeterminazione delle donne

08/04/2010

Le donne della CGIL “sostengono fortemente il diritto delle donne alla somministrazione consapevole della pillola RU486”. E’ quanto affermano le donne dell’organizzazione sindacale ricordando la posizione già espressa di “netta contrarietà ad ogni forma di costrizione della libertà della persona e della libera scelta”. La CGIL ricorda, infatti, come “ben prima delle elezioni regionali avevamo manifestato la nostra posizione, quando si affacciava un dibattito tutto ideologico fomentato dall’invasione di campo del Governo nelle politiche di competenza regionale, sulle modalità di somministrazione della RU486. Ancora una volta - aggiunge la nota - assistiamo ad uno scontro politico che utilizza il corpo e la salute delle donne per legittimare posizioni oscurantiste che non mettono al centro né la salute delle donne, né il diritto alla libera scelta, né tanto meno hanno, in considerazione il rispetto dei progressi scientifici, l’autorità medica nella determinazione della prassi di somministrazione ed il rapporto medico-paziente”.

Per le donne della CGIL “l’annuncio del Presidente del Piemonte, seguito da quello del Veneto e della Campania, ha avuto solo un effetto propaganda, dal momento che la legge 194, com’è evidente, non può essere disapplicata e non ci si può arrogare il diritto di impedirne la corretta applicazione. L’apporto della RU486 come pratica meno invasiva e rischiosa, oltretutto sperimentata in altri paesi da oltre un ventennio e quindi più che testata, potrebbe ulteriormente migliorare gli effetti positivi dovuti all’applicazione della legge 194. Voler invece costringere la donna che intende avvalersi della RU486, al solo ricovero ordinario e magari prolungato, rappresenta un tentativo di intimidire e impedire l’esercizio di un diritto, che oltretutto rischia di scaricare costi inutili sulla sanità pubblica. Tanto più che la durata e le modalità di somministrazione sono questioni medico scientifiche.

Le donne della CGIL rimarcano come non sia più “accettabile che un processo di innovazione in campo medico, di avanzamento rispetto alle pratiche abortive sinora praticate nel nostro paese, e che tiene conto della tutela della salute, sia utilizzato per produrre attacchi ideologici al diritto all’autodeterminazione delle donne”. Motivi per i quali rilanciano la richiesta che “al più presto partano i protocolli di somministrazione e che le Regioni attivino le procedure dandone ampia e corretta informazione al fine di tutelare il diritto alla libera scelta in particolare delle donne più esposte: le donne migranti e quelle socialmente fragili. Il tutto insieme al finanziamento adeguato da parte del Governo della Rete dei Consultori come misura di prevenzione, di accompagnamento e presa in carico di supporto alla somministrazione della RU486 come da tempo avviene in Francia”.

La speculazione in campo sulla pillola abortiva determina che “ancora una volta si usi il corpo delle donne per fini che vanno al di là della dialettica politica e che nascondano interessi di consenso e di potere, il cui peso ricadrà sulle donne, sulla sanità pubblica, con il pesante rischio che se non ci sono risposte adeguate nei circuiti ‘pubblici’ si ingrossino gli affari privati e cresca un mercato ‘parallelo’ i cui rischi e pericoli sono ben noti alle cronache. Su questi fronti l’impegno della Confederazione continua: “In queste ore ci sono molte iniziative, e alle quali la CGIL sta aderendo, a sostegno della corretta sperimentazione, informazione e alla difesa della libera scelta e dell’autodeterminazione delle donne”.

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