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venerdì 30 aprile 2010

Discorso letto all'assemblea degli azionisti da una collega RSU SLC CGIL

29 APRILE 2010: ROZZANO
- ASSEMBLEA DEGLI AZIONISTI -


Egregio Dr. Galateri, egregio Dr. Bernabè, signori azionisti,

l’intervento che mi accingo a fare come azionista dipendente e anche come delegato sindacale della SLC/CGIL vuole essere l’occasione per portare in questa sede la voce della risorsa principale che un’azienda ha e cioè i lavoratori non illudendoci di avere oggi tutte le risposte ai nostri dubbi e quesiti, ma ritenendo indispensabile che i vertici aziendali e la proprietà tutta sappiano qual è la situazione che i dipendenti Telecom stanno vivendo ed il loro stato d’animo.

Da un po’ di anni la condizione lavorativa interna alla Telecom si è ahimè modernizzata, ma non in senso migliorativo, bensì portando all’interno dell’azienda problematiche che un tempo sembravano non appartenerci e che oggi viceversa sono patrimonio diffuso ed in linea con l’intero mondo del lavoro.

Abbiamo tutti vissuto con rabbia e amarezza la progressiva decadenza della nostra azienda causata dal fatto che per troppo tempo la classe dirigente ha anteposto i propri interessi a quelli dell’azienda, arrivando con comportamenti poco etici a provocare grandi danni, in un contesto di Mercato sempre più’ complesso, con uno scenario in cui i cambiamenti tecnologici sono veloci e continui e operando in un contesto nazionale in cui sono venuti meno i vantaggi dell’operare come monopolista, dovendosi misurare con una concorrenza inizialmente nazionale e sempre più, in nome della decantata globalizzazione, internazionale

Se alcune di queste vicende sono state inevitabilmente subite dall’azienda o addirittura imposte considerando che, come è avvenuto nel caso del patrimonio immobiliare, erano pensate a palese danno della Telecom da chi all’epoca ne era alla guida e ne ha tratto benefici come altro soggetto giuridico nell’arcipelago Pirelli, altre (e mi riferisco al cattivo esito di quelle di tipo commerciale in termini di nuovi servizi offerti, di loro lancio e di supporto commerciale alla clientela) sono state tutte generate e vissute all’interno.

Rispetto a queste ultime per contro non sono però conseguite in tal senso operazioni di riposizionamento e senza, soprattutto, che si analizzasse mai a fondo il perché di tali operazioni fallite e si prendessero provvedimenti seri e concreti verso gli autori di tali autogol. Addirittura in qualche caso si è provveduto ad una promozione sul campo quasi in ossequio al famoso e tristemente noto motto “Promuovi per rimuovere” ma sempre nell’ambito del Gruppo.

Le recenti vicende giudiziarie, in primis quella relativa a TI Sparkle, hanno ulteriormente buttato discredito e fango sull’immagine del Gruppo e di Telecom in particolare oltre a determinare pesanti ricadute di tipo economico e non riteniamo che il quadro che ne scaturisce aiuti a rinforzare la sensazione di un’azienda con le idee chiare e soprattutto guidata da uno stato maggiore forte in termini di credibilità e, in alcuni casi, anche di rispettabilità.

Bene caro Presidente, caro AD e cari azionisti, l’azienda e il suo futuro sono un patrimonio da salvaguardare per gli azionisti, per i dipendenti e anche per il Paese Italia, poichè la rete e i servizi ICT costituiscono un’infrastruttura di base indispensabile per una nazione.

Oggi non assistiamo a uno scenario di forte rilancio degli investimenti, come richiederebbe un mondo delle telecomunicazioni che fa dei nuovi servizi la chiave di successo, sfruttando anche le eccellenze in termini di ricerca e know-how che abbiamo nel Gruppo ed a Torino in particolare (pensiamo a TILab, o quello che ormai ne rimane dopo una politica di anni finalizzata a non valorizzare il patrimonio di innovazione e ricerca).

In realtà siamo di fronte ad una Società in cui si preannunciano contrazioni di ricavi, nessun piano di ammodernamento della rete né in prima persona né in collaborazione con altri soggetti, un sempre maggiore abbandono di obiettivi di internazionalizzazione dell’azienda fatta eccezione per la gallina dalle uova d’oro rappresentata da TIM Brasile (sperando che duri), una mancanza totale di una visione strategica.

Il solo obiettivo chiaro e “strategico” che l’azienda sembra avere in questo momento è quello di ridurre un indebitamento, che ricordo essere stato causato ed incrementato da cattive gestioni passate. Questo obiettivo, nella pratica, sta diventando la scusa che giustifica il camminare con il freno a mano tirato, perdendo in competitività sul mercato, immagine e, soprattutto, in ricavi.

Questo è lo scenario che abbiamo oggi di fronte come lavoratori e ci domandiamo e vi domando:

 qual è la responsabilità che abbiamo noi in tutta questa vicenda? Siamo forse noi gli autori delle strategia sbagliate o forse non lo sono stati quei manager lautamente pagati e in qualche caso anche premiati?
 quali sono le prospettive che ci attendono in una situazione in cui assistiamo a fenomeni di delocalizzazione di interi servizi sempre più marcati o a operazioni di spin off già avvenute o preannunciate?
 possibile che anziché lottare tutti insieme, noi come risorsa di questa azienda e voi come manager si debba assistere ad una navigazione a vista in mezzo alle nebbie e senza sonar e come lavoratori avere la sola certezza di essere un costo da ridurre costantemente e inarrestabilmente?
 quanti lavoratori dovranno ancora abbandonare questa azienda considerando che in 16 anni, dal 1994 ad oggi, l’intero gruppo Telecom ha più che dimezzato la propria forza lavoro passando da oltre 120.000 addetti a circa 55.000 unità e in occasione della presentazione del Piano Industriale il 19 aprile sono stati preannunciati ulteriori esuberi?
 è moralmente accettabile che si decida di remunerare il capitale investito con la corresponsione di un seppur contenuto dividendo e le risorse principali le si attinga ancora una volta riducendo i costi fissi legati alla forza lavoro?
 ed è altrettanto moralmente accettabile che in tale contesto si continui ad assistere ad una politica remunerativa del management aziendale che passa attraverso distribuzione di premi obiettivizzati in qualche caso scandalosi e con remunerazioni e benefit, a partire dalla sua, caro dott. Bernabè, che continuano a crescere in modo esponenziale? Mi pare una logica votata alla privatizzazione degli utili ed alla socializzazione delle perdite che non ci sentiamo di condividere e che soprattutto vediamo priva di prospettive.


Questi quesiti che possono sembrare più adatti ad una riunione politico/sindacale che ad una Assemblea societaria sono invece secondo noi quanto mai pertinenti.

I Signori azionisti, che investono i loro capitali in Telecom Italia, investono sia sulla base dei progetti futuri che l’Azienda prospetta, sia sulla professionalità, sulla volontà e sull’impegno dei lavoratori che sono la garanzia di successo dei piani futuri. Tali elementi nel corso degli anni non sono mai venuti meno e in tal senso vogliamo incentivare i Signori Azionisti ad investire ancora in Telecom Italia e con rinnovato interesse sperando che anche qua non si sia in presenza di meri ed esclusivi ragionamenti finanziari che le vicende di questi ultimi due anni hanno dimostrato a livello mondiale di non poter reggere se non sono supportati da realtà produttive, da progetti concreti e non solo da chimere speculative. .

Riteniamo però altrettanto importante che siano note le difficoltà che i lavoratori stanno vivendo. Nel corso di questi anni di lavoro, troppo sovente la professionalità è stata messa in discussione da sistemi, procedure e tempistiche che talvolta non hanno permesso di raggiungere la piena efficienza e la soddisfazione totale della clientela. Per questo, riteniamo necessaria un’attenta rivisitazione di tali sistemi e procedure, che devono diventare utili strumenti, con i quali svolgere il lavoro e che non devono essere di ostacolo, nel raggiungimento degli obiettivi.

Non solo, ma possiamo addirittura affermare che sembra che l’azienda abbia voluto perseguire politiche di impoverimento della professionalità dei dipendenti stessi, arrecando loro un ulteriore danno e rendendoli fragili e vulnerabili rispetto ad un mercato del lavoro che sta cambiando radicalmente.
Contemporaneamente il clima aziendale, che spesso viene sondato con questionari di dubbia efficacia, oggi non volge al bello e l’aver letto che recentemente la Telecom è stata premiata tra le migliori 25 aziende italiane francamente stride con la realtà che quotidianamente noi lavoratori viviamo. Come possono incidere positivamente minacce di continue riorganizzazioni, cessioni di rami d’azienda, spostamenti da un settore ad un altro senza un quadro di riferimento chiaro e, non ultimo per importanza, un metodo di valutazione del personale che non lo coinvolge su obiettivi, che non è frutto di confronto ma solo, quando va bene, di lettura di un giudizio finale ed in cui sono stabilite a priori ed a tavolino le percentuali in cui i lavoratori debbono essere classificati: tutto ciò sa di partita truccata.

E’ inevitabile che in uno scenario come quello attuale, i lavoratori abbiano perso fiducia nei responsabili e nella gestione sino ad ora condotta.

Chiediamo una classe dirigente pronta ed attenta a motivare i lavoratori, con la quale lavorare gomito a gomito, che utilizzi una costante comunicazione con i lavoratori, nell’ottica della condivisione del percorso verso obiettivi comuni. Chiediamo una classe dirigente che rispetti la professionalità, l’impegno e la dedizione del personale. Chiediamo una classe dirigente che venga realmente valutata anche per i risultati conseguiti e quindi premiata quando lo merita, ma realmente responsabilizzata quando invece i risultati sono negativi: non ci pare che oggi ciò avvenga in modo obiettivo.

Questa era un’Azienda sana di cui l’attuale è una lontana parente e una cosa era presente all’epoca e continua ad esserlo oggi: la risorsa umana.

Qualche settimana fa, proprio dopo l’esplosione del caso Sparkle, lei dott. Bernabè ha inviato a tutti i dipendenti una lettera ricca di belle parole, di richiami al senso di appartenenza, di sottolineatura dei valori etici a cui da sempre questa Azienda si ispira e con un esplicito invito a continuare ad operare per farla crescere: davvero la lettera di un buon padre di famiglia che si rivolge ai suoi componenti, ma ci credono tutti i componenti?

Noi come lavoratori azionisti ed a nome anche dei lavoratori non azionisti ma comunque legati alla Telecom riteniamo che si possa ripartire e ci crediamo anche come speranza di questo Paese Italia nella cui economia uno spazio grande ha sempre avuto la nostra azienda e deve continuare ad averlo.

Non crediamo che la soluzione possa essere un’altra vicenda Alitalia ma chiediamo che ci vengano date quelle indicazioni chiare che facciano intravedere un rilancio di questa azienda in assenza delle quali ci chiediamo quali prospettive abbiano gli azionisti oggi riuniti e quel patrimonio di cuori, cervelli ed esperienze che popolano la nostra azienda.

Agendo solo sui lavoratori non solo si compie un’operazione ingiusta ed iniqua, ma non si garantisce neanche il ritorno economico che chi ha investito capitali si aspetta. Un’auto senza motore è bella a vedersi ma non serve: gli investimenti e le persone che lavorano in questa Azienda sono il motore.

Caro dott. Bernabè facciamola correre quest’auto.

E con questo ringrazio per l’attenzione prestata ed auguro un buon proseguimento dei lavori.

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